Oggi arrivi a Santiago. Lo sai benissimo quando vai a dormire la sera prima dopo una serata di vigilia a cantare e mangiare la pasta, e lo capisci ancora meglio quando ti svegli per l’ultima volta in un sacco a pelo e come se fosse un giorno qualunque ripeti, meccanicamente, gli stessi gesti: lavarsi poco, fasciarsi le ginocchia, preparare lo zaino e fare colazione.
Tu, in fondo, cammini da solo una settimana, ma intorno a te c’è gente che è partita un mese fa. Ti bevi gli ultimi 21 chilometri, fermandoti solo a Monte do Gozo dove la città la puoi già vedere. Ti chiedi quale sarebbero le cose più opportune da fare e dire quando arrivate, ma decidi che è meglio improvvisare.
Fa caldo, le ginocchia ti fanno male e lo zaino non lo senti neanche più e poi, alla fine, Santiago. Arrivi davanti alla cattedrale barocca senza fermarti in nessun albergue, perché il pellegrino arriva a destinazione così come è partito. Per te è un giorno irripetibile, a Santiago invece è il “giorno della marmotta”, quello del film con Bill Murray. Ogni giorno qui arrivano persone che hanno camminato chilometri e ogni giorno guardano, anche solo un momento in silenzio la cattedrale e sanno dove sono arrivate. Dopo è tutto uno scappare a ricevere la Compostelana, il certificato che fa di te un pellegrino, e a seguire la messa.
Devi vedere tutto, abbracci persino la statua del Santo, con un sorriso cretino, sebbene il suo appellativo sia Matamoros, uccisore dei mori. E poi i tedeschi, sempre loro, hanno pagato 500€ per il “Botafumeiro”: un enorme turibolo che sparge incenso volando come una giostra pericolosissima sulle teste dei presenti. I preti, sull’altare, riprendono con i cellulari.
Ci sono dei grazie che vorresti dire, tipo alle tue gambe e ai tuoi piedi che sono andate oltre; a quelli che hanno camminato con te; a chi ti ha sistemato lo zaino; al wifi libero; al tuo bastone che hai lasciato in angolo dell’ultimo albergue; al polpo e alla tortilla.
Hai perso qualcosa, forse: alcuni giorni di mare, un unghia, un paio di chili. Invece hai vissuto il senso del camminare, che sulle tue gambe puoi andare dove ti pare, se ne hai voglia, e se lo zaino è fatto bene. Per qualche tempo ogni volta che vedrai una freccia gialla ti sentirai obbligato a seguirla, e sentendo dire che un posto dista 20 chilometri tu saprai di poterci arrivare in 4 ore a piedi.
Nell’aereo di ritorno ci sono 70 pellegrini, 70 facce di chi ha camminato per un po’ e ripensi a una frase, bellissima, che ti hanno detto mentre sonnecchiavi vicino alla cattedrale: “no eres tu que haces el camino, es el camino que te hace a ti” (non sei tu a fare il cammino ma è il cammino che ti forma).
Hai quasi trent’anni, poco tempo, non hai più paura e sei arrivato a Santiago. E tu, perché stai camminando?