“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo.”
Queste sono le parole che Pietro Calamandrei pronunciò nel 1955. Spesso quando si parla di carta ci si dimentica che è l’arma più forte che esista.
In questo articolo si scrive di carta e di isole. Le isole, come quella di Lampedusa, sono lembi di terra risorta che hanno la caratteristica di appartenere al mare e ai venti. Quest’isola, nel dettaglio, è la porta d’Europa che però è in Africa. Con se porta tutti i dualismi di un terra adottata. Se le due cose si mettono insieme, la potenza della carta e le contraddizioni di un’isola, queste sono le parole che risultano: “La carta di Lampedusa afferma che non può essere accettata nessuna divisione tra gli esseri umani tesa a stabilire, di volta in volta, chi, a seconda del suo luogo di nascita e/o della sua cittadinanza, della sua condizione economica, giuridica e sociale, nonché delle necessità dei territori di arrivo, sia libero di spostarsi in base ai propri desideri e bisogni, chi possa farlo soltanto in base a un’autorizzazione, e chi, infine, per poter compiere quello stesso percorso, debba accettare di subire pratiche di discriminazione, di sfruttamento e violenza anche sessuali, di disumanizzazione e mercificazione, di confinamento della propria libertà personale, e di rischiare di perdere la propria vita.”
E il termine libertà si ripete, insolente, come fosse appena nato.
Libertà di movimento, di scelta, di restare, di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità, personale e libertà di resistenza. Con la parola libertà tra i denti si sente l’amaro e insieme il dolce. La carta di Lampedusa approvata il 1 febbraio 2014 è un atto di coraggio e poi è il risultato di un coinvolgimento dal basso, dagli abitanti dell’isola, dai sopravvissuti di un naufragio, da quanti sono arrivati fin lì. Calamandrei lo sapeva bene che la carta è il potere degli uomini, che per far in modo che possa esistere bisogna nutrirla e darle il tempo di crescere. Questa carta neonata cammina lentamente sulle gambe di quanti l’hanno pensata e proposta, l’associazione Meltin pot, e anche delle 600 donne, uomini e bambini naufragati del 3 e dell’11 ottobre 2013. La carta, è simbolo stesso di libertà, di diritti inviolabili, di partecipazione. Lampedusa che è un pezzo di terra arsa dal sole si offre come “spazio condiviso” e regala il proprio suolo all’appartenenza comune che chiede e pretende rispetto. Non si costruiscono barriere a Lampedusa: “le differenze devono essere considerate una ricchezza e una fonte di nuove possibilità e mai strumentalizzate per costruire delle barriere”, si legge ancora.
Le due parti che la compongono sono l’una lo specchio dell’altra e le libertà appena scritte sono doppiamente affermate così forse arriva più forte il senso profondo delle parole.
Una carta così nuova e partecipata che non vuole ottenere attenzione dai governi, non vuole proporre o abrogare, vuole solo rivendicare il diritto di essere. Un’inalienabilità che trova le sua fondamenta tra gli scossoni politici e i terremoti economici e non si ferma neanche davanti ai dictat aberranti e mostruosi dei centri di prima accoglienza, delle impronte digitali, del rientro in patria coatto. Perché, sebbene ignorata dai più, una carta è qualcosa che resta impressa e una volta stampata ci puoi inciampare involontariamente e ricordarti quel gusto acre che ha la libertà.
Quando Calamandrei spiegava la costituzione italiana diceva che è “la Carta della propria libertà. La Carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo”.
Ecco perché sono gli uomini a scrivere le Carte della propria libertà. La libertà è un’ammissione di colpa: se un uomo è libero è perché ha possibilità di scelta, può sbagliare, ma può anche fare la cosa giusta. La libertà è ingorda ed egoista: una volta che è tua non vorresti che ti venisse tolta. Ecco perché, scriverne in un articolo che parla di carte e isole, è pericoloso almeno quanto possederla.
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