
Elezioni in autunno. La presa di posizione di Stefano Fassina ha scosso il Partito democratico, da sempre schierato a sostegno del governo dei tecnici. La prospettiva del responsabile Economia del Pd prevede un’accelerazione verso il ritorno alle urne, ribaltando anche una consolidata tradizione italiana: il voto in primavera. Il dirigente democrat, spesso critico con il presidente del Consiglio, ha spezzato la coltre di “finta quiete” che ha caratterizzato il periodo post Amministrative. Fassina si è dunque posto in testa alla frangia di democratici che chiedono un’inversione di tendenza rispetto all’immagine di un partito concentrato sulla “responsabilità” che fa rima con “lealtà” al professore insediato a Palazzo Chigi.
Legittimazione. Il principio chiave è la legittimazione di un esecutivo attraverso l’investitura popolare. La tentazione di Fassina, supportata da altri dirigenti come Matteo Orfini, è un perfetto indicatore delll’aumento degli appetiti per la soluzione della crisi “da sinistra”, ossia con politiche concentrate più sullo sviluppo e meno sul rigore. Un governo di centrosinistra, che secondo i sondaggi del momento appare l’unica soluzione plausibile, avrebbe difatti un approccio diverso anche nei confonrti dell’Unione europea e all’asse con il presidente francese Holande.
Popolarità. Inoltre l’idea fassiniana intercetta il crescente malcontento nei confronti del governo. Il responsabile Economia disegna uno scenario in cui è preferibile ascoltare la base elettorale rispetto al rigoroso impegno istituzionale assunto con il Presidente della Repubblica. E che prevede l’appoggio incondizionato all’esperimento delle larghe intese. Insomma, un Pd più “pop” e meno razionale.