Un pareggio sarebbe bastato nel 1982 a Brasile e Argentina per fare un pasto unico dell’Italia formato Bearzot, invece fu successo e trionfo azzurro contro Maradona e Zico, e quello era comunque un altro calcio. Ecco, ora che si deve affrontare l’Uruguay con l’idea del “basta il pareggio per passare” torna alla mente quella classica legge del calcio pronta a stabilire il teorema del “quando hai due risultati su tre a disposizione, nove volte su dieci arriva la beffa e peschi dal cilindro l’unico risultato che non ti serve”. Sì, è vero. Mentre l’Italia veniva presa a schiaffi dal Costa Rica la mente è tornata alle reminiscenze d’un coreano che trafisse l’Italia nel mondiale made in England per la sconfitta – così veniva considerata – più cocente del nostro calcio; e pure a un 4-0 patito con lo Zambia all’Olimpiade del 1988, oltre che al pareggio del 2010 contro i pellegrini del football neozelandese. Scaturiscono a raffica gli interrogativi: gli abulici gemelli del gol Bianchi e Acquafresca non avrebbero fatto più bella figura di Balotelli? L’ex stampellato Rossi avrebbe aiutato più del girovago Cassano? Il vecchio Cossu non avrebbe giocato meglio di Thiago Motta? Gli osservatori di circostanza cercano di capire, forse aiutati dal fatto che vedono le partite meglio rispetto al braccio destro di Cesare Prandelli. Che non vede mai le partite, obnubilato dall’allenatore “iper-etico” che gli sta davanti mentre giocano gli Azzurri. Avete notato? L’ex centrocampista Pin, oggi parzialmente canuto di barba, allunga il collo per cercare di vedere la partita mentre l’amico del giaguaro s’accovaccia e si rialza all’improvviso durante gli scambi d’un Italia-Costa Rica da sbadigli. Lui non vede, quell’altro s’è fissato col registro dei buoni e dei cattivi e i pallonari d’Italia si sgonfiano retrocedendo nei giudizi. Cosi dal “vinciamo il Mondiale!” esternato dopo il 2-1 a Rooney e soci siamo passati al funambolico “è una squadra sopravvalutata”. Nessuna sentenza, ma forse è giusto così, meritiamo l’Italnoia prandelliana dopo aver gioito per l’eliminazione della Spagna e vagheggiato l’idea di poter usare il pollice a mo’ d’imperatore romano per decretare la fine o meno dell’Inghilterra. Perché siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e pure di invidiosi. C’è da ammetterlo, siamo nazionalpopolarmente astiosi, purtroppo.